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Alimentazione consapevole: benessere per chi?



Ogni decisione relativa a cosa mangiamo influenza chi ci circonda, e ai nostri giorni può influenzare anche persone, animali e piante geograficamente ben distanti. La globalizzazione ci da la possibilità di trovare, nei banchi dei supermercati, tutto quello di cui potremmo avere voglia, quando vogliamo noi, a delle tariffe accessibili.

Da qualche anno è esplosa la moda del mangiare biologico, equo-solidale, macrobiotico, vegano e chi più ne ha più ne metta (per una breve spiegazione delle varie diete - vegane, vegetariane, fruttariane, macrobiotiche, paleo ecc. - potete leggere in questo articolo).

La pratica dello Yoga porta ad una maggiore consapevolezza delle proprie azioni quotidiane, ed in maniera spontanea e naturale si tende a mangiare in maniera più sana e più adatta al proprio corpo e mente. Ovviamente non è necessario fare Yoga per essere attirati a mangiare meglio, e da qui sorge la mia domanda: quando facciamo delle scelte su come alimentarci, chi è più importante: il nostro ego, i nostri simili, gli altri animali o il pianeta terra?

In questo articolo non intendo impelagarmi negli aspetti nutrizionali positivi o negativi delle varie diete o dei singoli alimenti (dallo zucchero bianco alla farina 00, dalla carne al pesce, dai nitrati nelle verdure agli omega3 nei semi): su internet si trova tutto e il contrario di tutto. A mio parere ossessionarsi con l'immettere nel corpo solo quello che secondo noi fa bene al nostro corpo (o qualsiasi ossessione, anche quella per lo yoga) è una forte espressione egocentrica ed egoistica e ci fa dimenticare altri aspetti della vita – nostra e degli altri.

Lo scopo di questo articolo è di invitare ad una maggiore consapevolezza nel momento in cui spendiamo dei soldi per comperare del cibo.

Credo sia importante mettere da parte il nostro ego, le nostre convinzioni e ossessioni nel momento in cui compriamo qualcosa (ovviamente questo vale per qualsiasi cosa comperiamo) chiedendoci:

1) Ne abbiamo veramente bisogno?

2) Chi lo ha prodotto/coltivato/raccolto è stato trattato in maniera giusta? (vedi: caffè)

3) Da dove proviene? Quale impatto ambientale avrà avuto il suo trasporto? (vedi: lenticchie dal Canada, mandorle dalla California, sale rosa dell'Himalaya)

4) Da dove proviene: la sua coltivazione avrà avuto delle conseguenze sociali ed ambientali locali? (vedi: olio di palma, soia)

5) Quanto packaging (quanta plastica) è stata usata? (esempi: confezioni singole)

6) Una volta consumato, quanta plastica/carta/alluminio/vetro rimane da smaltire e si accumulerà nelle discariche mondiali? (vedi: tutto quello che compriamo)

NB: il fatto che si possa riciclare non deve farci “sentire meglio”: è più sostenibile non consumare che consumare e poi lavarsi la coscienza riciclando quanto rimane.

Quando si segue una dieta vegana, spesso le motivazioni principali sono 1) stare meglio (ego) e 2) non sfruttare gli animali. Poi se i nostri prodotti strettamente vegani provengono dall’altro lato del mondo, e se per coltivarli, raccoglierli ed impacchettarli sono state impiegate delle persone che guadagnano poco o nulla, che importa!

Quando compriamo alimenti da agricoltura biologica, dovremmo sapere che questo tipo di agricoltura, comunque indubbiamente migliore per l'ambiente rispetto alla coltura intensiva, "consente di usare prodotti naturali che presentano tossicità superiori rispetto a quelle di diversi prodotti di sintesi (vedi: rotenone) o il cui impatto ambientale è rilevante (vedi: solfato di vinaccia, del nitrato del Cile o del verderame). Vi sono inoltre alcune patologie che non sono controllabili con sistemi biologici o per i quali vige la lotta obbligatoria che consente di mantenere la certificazione biologica pur utilizzando prodotti chimici di sintesi per il controllo dell'insetto o della patologia". (Wikipedia, Agricoltura biologica)

Quando compriamo quinoa, semi di chia, cannella, bacche di goji, caffè, tè, maca, succo di litchi e via dicendo, anche spendendo tanto, stiamo considerando che questi prodotti provengono quasi certamente dall’altro lato del mondo – con tutte le conseguenze ambientali del trasporto (aereo o navale che sia)? E che se non sono equo-solidali/fair-trade i produttori (persone, nostri simili) vengono sicuramente sfruttati a livello lavorativo (pagati pochissimo/sfrattati dalla propria terra/obbligati a coltivare qualcosa che viene esportato e quindi loro non possono usufruirne) per poter permettere ai consumatori dei paesi "ricchi" (noi) dei prezzi più accessibili?

Chi viene dunque prima?

- Il nostro corpo, il nostro stare bene – fregandosene della catena che ha portato il prodotto nel nostro piatto?

- I nostri simili – gli altri esseri umani, le persone che sono state sottopagate, sfruttate, forzate (non avendo altra scelta) a coltivare quello che noi abbiamo sul piatto?

- Gli altri animali – che hanno perso i loro ambienti naturali e si stanno estinguendo perché il prodotto che abbiamo nel piatto viene coltivato dove una volta c’erano foreste vergini?

- Il pianeta terra – nel quale ormai non esiste nulla che non sia incontaminato: anche l’orto più biologico, coltivazioni di permacultura, biodinamiche e via dicendo vengono bagnate dalla pioggia, anche quella acida…?

Bene, direte, “allora l’unica cosa che ci rimane da fare è il non mangiare nulla e farsi morire di fame! O dobbiamo diventare tutti dei vegani e comprare solo fair-trade, biologico – che costano tanto e non possiamo permettercelo”?

Lungi da tutto questo! Ognuno di noi ha una missione su questa terra, e la non-azione e l’inettitudine sono solo delle scuse per starcene comodamente a non fare nulla (“tanto se non lo faccio io lo farà qualcun altro” “tanto ormai è troppo tardi” “tanto ormai è stato già ucciso/è già stato raccolto” etc) e non è certo questo un atteggiamento da persone adulte.

Eccovi piuttosto qualche suggerimento da tenere in considerazione quando si fa la spesa:

Idealmente si potrebbe cercare, come prima cosa, di comprare di meno. Consumare meno. Meno cose, meno roba, meno sprechi.

Nella scelta del cibo - tenendo a mente il fatto che non tutti possono cibarsi di piante che crescono spontanee (alimurgia) o produrre il proprio cibo - sarebbe meglio scegliere prodotti prima di tutto locali (secondo le attuali norme comunitarie, l'indicazione di origine è obbligatoria per carni bovine, frutta e ortaggi, vino, olio d'oliva, uova, miele e pesce fresco non trasformati, per più info vedi qui).

Certo, anche i prodotti locali possono essere stati raccolti utilizzando lo sfruttamento della manodopera clandestina, quindi l’ideale sarebbe informarsi da quale ditta provengono i prodotti. E’ più facile rintracciare i coltivatori diretti (e chiedere loro) acquistando tramite i GAS (gruppi di acquisto solidali), o dai mercatini locali (si può chiedere al coltivatore chi lavora per loro) o dai supermercati attenti alla provenienza e all’etica delle aziende con cui lavorano (es. COOP).

Scegliendo frutta e verdura di stagione c'è più probabilità che questi siano locali e non vengano prodotti in serra (la coltivazione in serra ha spesso dei forti impatti ambientali a causa dell’elevata quantità di fertilizzanti e fitofarmaci usati).

Se vogliamo comprare alimenti non coltivati in italia, in particolare la frutta, non sempre è facile trovare in commercio prodotti equo-solidali, mentre è più facile trovarne di biologici. Spesso possiamo però anche chiederci se abbiamo veramente bisogno di comprare litchi, papaye e frutti della passione (anche perché, onestamente, non hanno mai lo stesso gusto che avrebbero ai tropici!). Non dimentichiamo però che tanta frutta (vedi avocado e kiwi) sono ormai regolarmente coltivati in italia.

Il problema è che spesso i prodotti equo-solidali e bio sono costosi, e “obiettivamente quando devi fare mangiare la famiglia non ci si può permettere di comprare tutto equo-solidale e bio”. Questo è vero, ma è anche vero che si può tranquillamente sfamare la famiglia in maniera economica comprando locale e stagionale. Per quanto riguarda il tè e il caffè, lo zucchero e il riso, allora sì che bisogna decidere se pensare al proprio piacere o se prendere in considerazione anche gli altri fattori (giustizia sociale ed ambiente) nei quali investire il proprio denaro.

Nello Yoga diciamo sempre che è importante non fare del male agli altri, per nessun motivo, che ogni azione ha le sue conseguenze e che è importante prendersi cura di se stessi per poter meglio aiutare gli altri: ne consegue che anche quando facciamo la spesa in maniera consapevole stiamo attivamente facendo Yoga.

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