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Il tappetino Yoga è davvero necessario?


Icona e simbolo dello yoga moderno, il tappetino yoga ha acquisito (assieme a tanti altri accessori) un'importanza quasi sacra nel nostro immaginario di praticanti di yoga.

Camminare con il tappetino sotto il braccio, per andare alla lezione, è una maniera per dimostrare al mondo che pratichiamo yoga. Capita ad inizio lezione, tra i praticanti di yoga, che quando qualcuno srotolola il tappetino accanto al nostro, diamo un commento (che teniamo per noi o no) sul tappetino del vicino: che bello/ma che marca è?/si vede che pratichi molto!/ecc...

Il tappetino diventa quasi un nostro biglietto da visita, ci da un'identità e di certo "dice qualcosa di noi". E questo perché in effetti, di tappetini, ce ne sono di ogni materiale e colore, spessore e costo! Da più economici ai più cari (ebbene sì, oltre le 100 Euro a tappetino), dagli eco-friendly ai non-slip ai travel mats ai latex-free...

Così come i yoga leggings (per le donne), anche i tappetini sono diventati un enorme business nel mondo dello Yoga - e forse sono anche il nostro primo investimento quando iniziamo a praticare yoga.

Quello che però forse non sappiamo, è che i tappetini yoga sono in realtà una invenzione piuttosto moderna.

Fu Angela Farmer, che insegna yoga da più di 40 anni ed è una delle insegnanti più rinomate al mondo, che iniziò ad usare un tappetino yoga per la sua pratica fisica negli anni '60. Fino ad allora, i yogin nei secoli e in tutto il mondo praticavano su qualsiasi superficie (pavimenti, erba, sabbia, tappeti normali)

(Indra Devi, Pattabhi Jois, Yogananda Paranamansa, Krisnamacharya e BKS Iyengar - tutti senza tappetino yoga!)

Angela Farmer soffriva di una condizione fisica per cui non sudava nelle mani e nei piedi. Questo rendeva molto difficile la sua pratica in quanto aveva le mani e i piedi sempre estremamente asciutti e scivolosi. Il suo maestro BSK Iyengar si infuriava con lei quando, di nascosto, cercava di bagnarsi le mani e i piedi per non scivolare... Nel 1968, mentre era a Munich per insegnare yoga, trovò un pezzo di strato antiscivolo, posto normalmente sotto ai tappeti, e cominciò ad usarlo nella sua pratica. Tornata a Londra, anche i suoi allievi vollere usare il "sotto-tappeto", e la richiesta era così grande che il padre riuscì a contattare la casa produttrice del materiale, iniziandone il commercio.

Farmer soffriva di una condizione fisica, e l'uso del tappetino le ha permesso di praticare yoga senza farsi male, era uno strumento terapeutico.

Ma l'uso del tappetino ai nostri giorni, che effetto ha sulla nostra pratica e a livello fisico?

Se avete mai provato a praticare su un pavimento o su di un prato, noterete come certe posture (ad esempio il cane a testa in giù o il guerriero 2 o il triangolo) siano molto più difficili ed impegnative. Bisogna fare un vero sforzo per non scivolare, e questo sforzo è una contrazione isometrica dei muscoli che protegge le articolazioni e non ci permette di stirare e "appenderci" nelle articolazioni. Quando pratichiamo su un materiale antiscivolo, le mani e/o i piedi sono appiccicati al tappetino e abbiamo la possibilità di entrare più a fondo nelle posture, "appendendoci" nelle articolazioni. Pensate al triangolo (trikonasana - ultima immagine nella galleria sopra, dove Iyengar ci dimostra le 2 varianti): quando i piedi sono appiccicati al tappetino, possiamo allungarci e distenderci più profondamente, e, se i muscoli non sono sufficientemente attivi, rischiamo di stirarci un po' troppo, facendoci male. Provate a praticare trikonasana con delle calze sul pavimento di casa: noterete lo sforzo della gamba frontale per non farci fare una spaccata! Questo vale per molte posture: le posture che una volta avevano bisogno di forza, usando il tappetino puntano adesso più sulla flessibilità.

Il tappetino come luogo privato

In una classe di yoga piena di praticanti, in cui i tappetini sono a pochi cm di distanza l'un l'altro, per raggiungere un lato della sala spesso ci ritroviamo ad eseguire acrobazie degne del Cirque du Soleil, andando i punta di piedi tra bottiglie di acqua senza sfiorare i tappetini. Il pavimento è uno spazio pubblico, il tappetino diventa una spazio privato e intoccabile.

E ci ritroviamo ad "espanderci" in tutte le direzioni quando pratichiamo yoga, ma non sia mai che le nostre membra tocchino il tappetino altrui.

Nulla di male del rispetto degli spazi altrui, ma quando con il tappetino creiamo una barriera che ci separa e ci distingue dagli altri, uno spazio senza il quale non possiamo "trascendere l'ego", è forse il caso di prendere un po' di distanza e osservare il tutto da un altro punto di vista.

Questo articolo in realtà non riguarda solo la necessità, o meno, di usare i tappetini nella pratica dello yoga fisico, riguarda piuttosto il non prendere nulla per scontato, il mettere in gioco i presupposti che abbiamo sulla pratica fisica dello yoga, il mettersi in gioco, sempre, per poter andare oltre, evolvere, espanderci, qualsiasi senso vogliate dare al termine.


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