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Sui Nadi - i canali energetici sottili



Continuamo l'esplorazione del corpo sottile. Dopo aver approfondito il Prana qui, parliamo dei Nadi.

Un po' come l'elettricità, la forza vitale (Prana) condensata nel corpo sottile viaggia lungo dei percorsi chiamati nadi in sanscrito. La parola significa "canale" o "condotto" ma i nadi non devono essere considerati delle strutture tubulari, anche se alcuni testi yogici sembrano così indicare. E non sono neanche da scambiare per vene o arterie o nervi. I nadi sono correnti energetiche, modelli di flusso riconoscibili all'interno del campo di energia luminosa che è il corpo sottile.

Generalmente i testi yogici menzionano 72,000 nadis in totale. Alcuni ne menzionano fino a 300,000.

Tutti i nadi partono da un bulbo (kanda), una struttura dalla forma di un uovo di gallina, che, secondo alcuni testi è localizzata nella zona tra l'ano e il pene o clitoride, e secondo altri si trova nella regione dell'ombelico.

I 3 circuiti principali: Sushumna, Ida e Pingala

Ci sono 3 percorsi principali che sono riconosciuti in maniera universale nella letterature yogica. Il percorso centrale, lungo la colonna vertebrale, viene chiamato il sushumna, che significa "lei che è la più graziosa".

Sulla sinistra del percorso centrale si trova l'ida-nadi, e sulla destra il pingala-nadi. Il nome del primo deriva dall"essere pallido" e il nome del secondo dall'"essere rossastro" e sono simboleggiati rispettivamente dalla fredda luna e dal caldo sole. Questi percorsi ruotano e si avvolgono intorno al sushumna formando una scala elicoidale. Si incontrano ad ognuno dei 6 chakra inferiori e terminano dietro tra le sopracciglia (al terzo occhio). Solo il sushumna si estende dal chakra di base al chakra della corona (a breve un articolo sui chakra!).

L'obiettivo e la sfida di ogni praticante di Hatha Yoga (ovvero di qualsiasi delle versioni moderne di yoga in cui vi è un'enfasi sulle posture fisiche) è quello di stabilizzare il flusso di bioenergia nell'asse principale, il sushumna. Finchè l'energia vitale (il Prana) oscilla su e giù lungo l'ida e il pingala, l'attenzione è esteriorizzata, ovvero la coscienza del praticante è dominata dalle forze "lunari" e "solari". Forzando il Prana lungo il canale principale, il praticante stimola l'energia inattiva del Kundalini fino a quando questa si innalza come una eruzione vulcanica, inondando la corona, culminando quindi nella condizione desiderata che è la estasi beata (samadhi). Secondo una diffusa spiegazione esoterica, la parola Hatha significa l'unione del sole e della luna, cioè la convergenza della forza vitale che viaggia ordinariamente lungo l'ida e il pingala. A breve un articolo che spiegherà in dettaglia cos'è il Kundalini.

La conoscenza dell'ida e del pingala è considerata elementare nell'Hatha Yoga. La loro attività governa, a livello fisico, le risposte del sistema nervoso simpatico e parasimpatico, rispettivamente. Di conseguenza, tramite il controllo della respirazione è possibile guidare l'energia vitale è guidata lungo l'ida e rallentare il metabolismo. Se invece, tramite il controllo della respirazione, il Prana viene guidato lungo il pingala, i praticanti possono aumentare il battito cardiaco e velocizzare il metabolismo. La pratica è stata spinta al punto in cui dei praticanti esperti hanno dimostrato, in più occasioni, da capacità di rimanere sottoterra in un contenitore ermetico per ore o addirittura giorni.

La motivazione dietro agli esercizi di respirazione (pranayama) è però diversa: i praticanti Autentici non mirano alla possibilità di smettere di respirare e far battere il cuore per entrare in ibernazione, ma piuttosto cercano di trascendere la condizione umana quanto tale. Vogliono andare oltre i condizionamenti del corpo e della mente ed entrare nel dominio dell'Essere-Consapevolezza-Beatitudine trascendentale, anche attraverso il risveglio del Kundalini.

NB: possiamo usare il Caduceo (vedi foto) per simboleggiare il canale principale, il sushumna, con l'ida e il pingala che vi si attorcigliano...

Ulteriore nota: in italico ho indicato i termini in sanscrito, anche se non ho usato gli accenti e le lettere sanscrite complete per facilità di lettura.

(Tratto e tradotto da "The Yoga Tradition: its History, Literature, Phylosophy and Practice" (2008) di Georg Feuerstein, Hohm Press).

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