top of page

Non riesco a meditare! La meditazione non è per tutti



Ripeti dopo di me:

"Sono l'unico!

C'è qualcosa che non va con me.

Devo essere inadeguata/o in qualche modo.

Shanti, shanti, om ... "

Questo piccolo mantra mi è stato insegnato da Paul Grilley, che mi ha illuminato sulla realtà e le conseguenze della variabilità umana. Siamo tutti unici: nessuno ha le tue ossa, o il tuo corpo. Non ho dovuto riflettere tanto per comprendere la verità di questa semplice affermazione, ma mi ci è voluto molto tempo per apprezzare l'ampiezza della sua applicazione. Naturalmente siamo tutti diversi, fisicamente, ma cosa succede a livello psichico? Sappiamo che non tutti possono fare ogni asana del vocabolario yoga, ma sicuramente tutti possono imparare a meditare, giusto? Ti sei mai chiesto: "Sono io l'unico che ha problemi con la meditazione?" In caso affermativo, ripeti il mantra sopra e poi continua a leggere.

L'importanza delle controindicazioni

Nei programmi di formazione per gli insegnanti di yoga, si prende molta cura nell'assicurarsi che siano conosciute le controindicazioni per le posture che potrebbero essere dannose per alcuni studenti. Gli insegnanti imparano di stare attenti nel proporre inversioni come Sirsasana o Salambasarvangasana se lo studente soffre di pressione alta, o se ha un'infezione agli occhi o alle orecchie, o se soffre di glaucoma, diabete ecc. In questi casi si possono offrire posizioni alternative che non sono rischiose, come semplicemente poggiare le gambe sul muro (Viparitakarani). E questo è saggio! È bene sapere quali posizioni possono avere un effetto negativo o malsano su alcuni studenti e cosa offrire a questi studenti come alternativa. Ma nei decenni in cui ho seguito una vasta gamma di corsi di yoga e di meditazione, non mi ricordo di aver mai sentito gli insegnanti dare avvertimenti o consigli sull'impatto negativo della mindfulness o della meditazione, per non parlare di quello che uno studente dovrebbe fare se ha avuto un reazione negativa alla pratica. Forse, considerato che gli affetti negativi della meditazione sono per lo più psicologici, questi non sono stati riconosciuti, o sono stati banalizzati e minimizzati, e lo studente emarginato, anziché considerare questo come un problema da analizzare.

All'inizio della mia pratica di meditazione ascoltavo gli studenti parlare all'insegnante dei loro problemi: a volte i problemi erano legati alla tecnica impropria; a volte il problema era un'inadeguata motivazione; ma a volte i problemi erano più misteriosi. Ricordo uno studente che si lamentava del fatto che lo studente accanto a lui si inclinava costantemente verso di lui, e questa cosa lo distraeva. L'insegnante gli spiegò che si trattava semplicemente di "Makyō" [1] - un'illusione; il vicino non si era mosso durante tutta la pratica. Consigliò allo studente di lasciare l'illusione essere ciò che era e di tornare alla consapevolezza del respiro. Più tardi, quando ero io a guidare le classi di meditazione, gli studenti spesso mi confidavano le preoccupazioni circa la loro pratica: alcuni sentivano internamente strani flussi energetici, o stati emotivi inusuali, o avevano raggiunto importanti intuizioni intellettuali che sconfinavano la loro intenzione di rimanere connessi al respiro.

Questi sintomi erano rari, ad essere sinceri, ma la mia risposta era identica a quella che i miei insegnanti normalmente davano: questi o erano segni del fatto che la pratica stesse maturando, o era la mente che furbamente cercava di evitare di meditare. La mia risposta: "Non farti disturbare da queste sensazioni: lasciale venire a galla e lasciale passare".

La realtà della variabilità umana

Paul Grilley e Sarah Powers mi hanno dimostrato che non posso trattare gli studenti in una lezione di yoga come se fossero tutti uguali. Non esiste uno allineamento che funzioni per ogni corpo e nessun corpo può fare tutte le posture dello yoga. Su questo sono totalmente d'accordo: ha perfettamente senso. Eppure, durante i miei corsi di meditazione continuavo ad insegnare come se tutti fossero uguali. Non avevo trasferito il semplice genio di Paul (Grilley N.d.T) dalla pratica fisica alla pratica mentale. Continuavo a concentrarmi esclusivamente sui benefici apportati da una pratica regolare di meditazione e sulla grande varietà di tecniche che possono essere utilizzate per creare esperienze consapevoli. Uno dei motivi per cui mi trovo bene con lo Yin Yoga è l'opportunità che offre di portare consapevolezza nella pratica. Solo alcuni anni fa mi sono reso conto che anche qui la variabilità umana è ben presente. Non tutti i corpi traggono beneficio dalla consapevolezza (dal "mindfulness" nello specifico, anche come tecnica) e non tutti i corpi possono meditare! E non perché sono in qualche modo inadeguati.

Devo ammettere che c'è stato un periodo nel mio insegnamento dello yoga durante il quale, se uno studente non si atteneva alle mie meravigliose istruzioni, pensavo davvero che ci fosse qualcosa di sbagliato in quel studente. Grazie a Paul e Sarah, ho superato me stesso e ho capito che ogni studente è unico a a livello biologico e biografico. Se lei o lui non faceva quello che suggerivo, probabilmente non era per mancanza di interesse, dedizione o desiderio. Quello che chiedevo di fare poteva essere inappropriato per lo studente, e ciò che gli impediva di attenersi alle istruzioni non era ignoranza, bensì saggezza.

La meditazione non è tutta dolcezza e luce [2]

La meditazione non è tutta dolcezza e luce. Nessuna asana funziona per tutti i corpi, e nemmeno la meditazione. Un numero sorprendentemente grande di meditatori ha lievi effetti avversi. William James, famoso psicologo americano diventato investigatore spirituale, notò già nel 1902 che alcune persone hanno esperienze negative nelle loro pratiche spirituali. Egli non condusse un studio esauriente su questo problema, in quanto la sua intenzione era di catalogare la vasta gamma di esperienze religiose, ma citò due possibili conseguenze del vivere una vita puramente spirituale: alienazione e solitudine. [3]

Più recentemente, nel 1992, uno studio ha rilevato che il 63% dei meditatori di Vipassana ha avuto reazioni negative alla loro pratica, con il 7% che ha sperimentato effetti significativamente negativi [4]. Questi includevano sensazioni di panico e ansia, aumento della tensione invece di essere rilassati, riduzione della motivazione, noia, dolore, confusione, stordimento, intontimento o disorientamento, visione distorta della realtà, sentirsi dissociati dal proprio corpo, depressione e dipendenza dalla loro pratica di meditazione. Due studi precedenti degli anni '80 hanno scoperto che alcuni meditatori vivevano, durante la pratica meditativa, sensazioni fisiche strane o scomode, sensi di colpa, ansia, pensieri che inducevano psicosi, paura, rabbia, apprensione, disperazione, euforia ingiustificata, comportamento distruttivo e sentimenti suicidi [5].

Uno studio pubblicato nel Maggio 2017 aggiunge altro agli effetti potenzialmente negativi della meditazione. [6] Gli stili investigati includevano la meditazione Zen, Tibetana e Theravada. Le esperienze negative comprendevano: ipersensibilità alla luce e ai suoni, insonnia, convulsioni e movimenti involontari del corpo, paura, ansia, panico o totale incapacità di provare emozioni. Questi effetti possono durare giorni, o decenni. Come risultato di queste esperienze alcuni meditatori si sono sentiti disorientati, esposti o addirittura violati. Persino i meditatori che hanno avuto una "buona" esperienza durante un ritiro di meditazione e hanno avvertito un senso di interezza in se stessi e con il mondo, hanno scoperto che tornando alla loro vita quotidiana, la loro capacità di funzionare correttamente sul lavoro o con la loro famiglia era compromessa.

Wow! Questo non è quello che ci aspettiamo di sperimentare quando iniziamo con la meditazione, e dobbiamo essere chiari: questi effetti negativi non accadono alla maggior parte delle persone. Ma il 7% significa che 1 persona in una classe di 14 studenti può avere alcune di queste esperienze. [7] Eppure non ci sono corsi di formazione per insegnanti di yoga su come comportarsi con gli studenti che sono quel 1 su 14. Non vengono fornite controindicazioni. È come se l'idea che la meditazione potesse essere dannosa non fosse mai sopravvenuta agli insegnanti di yoga o di meditazione. Se uno studente soffre della sua pratica, è usanza minimizzare la sua esperienza e trasmetterla come "nulla di cui preoccuparsi" o "fa tutto parte del processo". Anche io ho offerto anche questi luoghi comuni, perché i miei insegnanti li hanno offerti, così come i loro insegnanti. Ma questo è la stessa cosa di dire a qualcuno che ha le ginocchia che stanno gridando dal dolore mentre tiene la posizione del loto: "respira, rilassati e attiva il mula bandha". No! Quello di cui hanno bisogno è uscire dalla posa e non fare più quella posa! Lo stesso consiglio dovrebbe essere offerto agli studenti di meditazione che trovano le pratiche inquietanti.

Esporre le controindicazioni

Agli studenti vengono (o almeno, così dovrebbe!) sempre indicate alternative alle posture che non vanno bene per loro: al posto della verticale, poggiare le gambe sul muro. Invece della posizione del loto, siediti a gambe incrociate. Quando un'asana è rischiosa, non la praticare e fanne invece una che non sia rischiosa. Lo stesso processo può funzionare per pratiche di pranayama o meditazione. Se uno studente ha una reazione negativa a qualsiasi pratica, dovrebbero essere offerte alternative. Sia chiaro: l'insegnante di yoga non deve curare l'ipertensione, il diabete o il glaucoma del suo studente! Deve solo offrire posture alternative che non abbiano effetti negativi sullo studente con tali condizioni. Allo stesso modo, se uno studente ha una reazione negativa al pranayama, alla mindfulness o alla meditazione, l'insegnante non deve diventare uno psicoterapeuta e curare lo studente: deve solo offrire alternative più sicure.

Il primo passo è riconoscere che le esperienze negative possono sorgere e sorgono quando gli studenti aggiungono la meditazione alla loro pratica di asana. Proprio come gli insegnanti avvertono gli studenti che le inversioni potrebbero non essere una buona idea per alcuni studenti, gli studenti dovrebbero anche essere avvertiti che alcune forme di meditazione potrebbero non essere una buona idea per alcuni studenti. Devi fare sapere allo studente che "non è l'unico!" Se ha un'esperienza negativa, dovrebbe comunicarlo all'insegnante in modo che altre tecniche di meditazione possano essere provate. [8] O forse è meglio non meditare affatto!

Se sei un insegnante, impara a capire che uno studente che riferisce alcuni effetti negativi del meditare non sta "inventando roba". Non c'è niente di sbagliato in lui o lei. Queste esperienze negative possono accadere a persone equilibrate, normali, psicologicamente sane. Le persone variano notevolmente, e mentre le reazioni negative non sono la norma, non sono così rare: 1 persona su 14 non è rara! Questo succederà agli studenti che conosci e potrebbe essere successo a te!

Evitare la sindrome del dottore Yogi

Il secondo passo è evitare il forte impulso di giocare al dottore. La maggior parte degli insegnanti di yoga ha provato questa tentazione: uno studente arriva alla fine della lezione per condividere una preoccupazione fisica e chiede un consiglio. Gli insegnanti vogliono essere utili, quindi l'impulso di dire qualcosa è quasi schiacciante, ma gli insegnanti non sono terapeuti. Anche se un insegnante in particolare è un medico, una lezione di yoga di gruppo non è il luogo adatto per praticare una terapia: non c'è tempo per fare un colloquio completo con lo studente o eseguire qualsiasi esame per cercare la conferma delle diagnosi. È inappropriato da parte di un insegnante di yoga offrire un consiglio medico. Questa è saggezza, piuttosto comune, e si applica altrettanto fortemente ai consigli psicologici. Se uno studente sta sperimentando un qualsiasi effetto negativo da meditazione, mindfulness, pranayama, canto o uno qualsiasi degli altri strumenti psicologici impiegati nello yoga, l'insegnante deve resistere a giocare al psicoterapeuta. Proprio come farebbe per uno studente che menziona un problema fisico, se la condizione persiste, deve suggerire di farsi controllare.

In breve

Le pratiche di meditazione e mindfulness possono essere salutari e benefiche per la maggior parte delle persone. La nostra pratica yoga è un momento meraviglioso per impegnarsi in questi esercizi. I benefici si ripercuotono facilmente nella vita di tutti i giorni. Ma per favore sii consapevole che per alcune persone manca la magia e le esperienze positive promesse non appaiono. Invece esperienze negative vengono a galla. Lo studente, pensando che la meditazione sia sempre positiva, inizia a dubitare della propria saggezza interiore e pensa: "C'è qualcosa che non va in me!" No, sta bene. Lei (o lui) è solo diversa/o.

E se questo sei tu, va bene pure.

***

Articolo scritto Bernie Clark e da me tradotto. Potete leggere l'articolo originale qui: "I Cant' Meditate! Mindfulness is not for everybody".

NOTE:

1) Makyō si riferisce alle allucinazioni e alle distorsioni percettive che possono sorgere durante il corso della meditazione e può essere confuso dal praticante come "vedere la vera natura" o kenshō. I maestri Zen avvertono i loro studenti che meditano di ignorare le distorsioni sensoriali. La descrizione è da Wikipedia

2) Vedi Megan Brooks article Meditation is not all sweetness and light in Medscape, May 25, 2017.

3) Vedi The Varieties of Religious Experience by William James, published by CreateSpace Independent Publishing Platform (March 11, 2013).

4) Vedi Shapiro DH "Adverse effects of meditation: a preliminary investigation of long-term meditators" in Int J Psychosom 1992;39 (1-4):62-7.

5) Vedi Craven JL "Meditation and Psychotherapy" in Canadian Journal of Psychiatry, Volume: 34 issue: 7, page(s): 648-653 October 1, 1989

6) Vedi Jared R. Lindahl et al., “The varieties of contemplative experience: A mixed-methods study of meditation-related challenges in Western Buddhists” published in PLOS One published: May 24, 2017.

7) Vedi Alberto Perez-De-Abeniz and Jeremy Holmes, “Meditation: Concepts, Effects and Uses in Therapy” in International Journal of Psychotherapy, March 2000, Vol. 5 Issue 1, p49, 10p.

8) Josh Summers sostiene un approccio diverso che potrebbe essere più appropriato delle normali tecniche di meditazione. Lo chiama "Meditazione Yin". Ascolta i suoi podcast.

Potrebbe interessarti il seguente articolo:

969 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page